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LXXXIV

ALLA CONTESSA SPINERÀ

nelle sue nozze col conte Rizzardi della Torre V’alsássina.

In nome delle sorelle Gandini.

Sorta è l’alba rugiadosa
e t’aspettan quattro neri
velocissimi destrieri
di progenie generosa.

Dunque ascendi il cocchio e posa
sovra i morbidi origlieri:
i bei lidi forestieri
non son lungi, o bella sposa.

Vanne lieta e al fido amante,
stirpe nobile d’eroi,
giura eterno amor costante.

Ma non perda i dritti suoi
l’amicizia, e qualche istante
risovvengati di noi.

LXXXV

PER LE FAUSTISSIME NOZZE

dei signori Girolamo Beffa Panizza e Francesca Bonioli.

In nome del dottor Giuseppe Larber.

Io con farmaci avvezzo e con ordigni
a toglier sempre le morbose forme,
di natura spiando arcani e norme
sui recisi talor membri sanguigni,

mal posso in questo di fra i bianchi cigni
dolcemente cantando io stesso porme,
onde il figliuol d’ Urania e la triforme
Lucina al mio pregar scendati benigni.

Ma senza i preghi miei giunger festosi
veggo ambo i numi: ecco la dea dei parti
e Imen vestito di color cilestro.

E come oggi poteano esser ritrosi,
Francesca, a te, se deggion tanto a Parti
del tuo buon padre e del mio gran maestro?