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Alfin t’abbraccio, o fortunata spiaggia
d’ogni mortai felicitá ripiena.
Tu fosti un tenfpo inospita e selvaggia
nota ai pastori e ai semicapri appena.
Ora, dovunque il nostro lume irraggia,
di te non vede piú felice arena;
ed il pubblico ben che ti circonda
da le ricchezze tue nasce e ridonda.
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Qui sudan gli operai contenti e lieti
a Tindustre fatica e a l’auro intesi,
e qui svela talor nuovi segreti
col guiderdon l’archimedea Alatesi;
e il buon commercio per l’azzurra Teti
peregrinando a’ barbari paesi,
una catena armoniosa intesse
di reciproci ognor cambi e promesse.
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La belligera tuba e il marzio corno
qui non giunge a recar terrore e danno.
Di’ pur che mova a queste ròcche intorno
l’ingordo Mosco o l’invido Britanno,
che cento emole squadre in un sol giorno
la pacifica destra armar sapranno:
né fia che in grembo a l’inesausta copia
nasca d’armati o d’alimenti inopia.
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Péra chiunque i favolosi onori
a l’utili ricchezze invano adegua,
e in premio poi de’ sterili sudori
una infeconda epigrafe consegua. —
Qui spirando dal crin celesti odori,
sorride il nume e ratto si dilegua;
e mentre anch’io di seguitarlo agogno,
fugge la barca e via sparisce il sogno.