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VII
I MACCHERONI
POEMETTO
Fu recitato in una sollazzevole brigata di amici,
ove ciascheduno era tenuto di lodare in versi una qualche saporita vivanda.
1
Chi Pulcinella sia, bizzarro e lepido
da quel gran naso e da la gobba gemina,
ai motti pronto e ne le zuffe intrepido,
per me vel dica l’oziosa femina,
che ne l’inverno al focherello tepido
sempre cinguetta e filastrocche semina,
girando il naspo o dispiccando il bioccolo
giú dal pennecchio fin che dura il moccolo.
2
Io narrerò la sconosciuta origine
de la famosa pasta maccheronica,
togliendola al silenzio e a la rubigine
per celebrarla su la cetra armonica.
Esci dai regni pieni di caligine
a rallegrar la gente malinconica,
o padre Berni, e la tua lira imprestami,
e le dolci tue grazie in petto destami.
3
Quel crudo garzoncel, figlio di Venere,
piú di qualunque dio strano e bisbetico,
che la frigia cittá ridusse in cenere
e feo Giove mugghiar sul lido eretico,
a Pulcinella offri due guancie tenere
ed un soave risolin patetico;
vo’ dir Simona, che in quel di medesimo
compiva il rugiadoso april centesimo.