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XXXVI

PER LA MORTE DI LUIGI XVI

Parla la Fortezza.

— Sangue da te pur vuoisi. Ogni macigno
giá di sangue plebeo fatto è satollo.

Io son Fortezza, e nel tuo cuore alligno

dal di che tempio e reggia ebbero un crollo. —

Tacque: per mano il prese, ed al sanguigno
palco lo addusse, e in fronte ivi baciollo.

L’eroe non si scolora e a l’empio ordigno
tranquillamente sottopone il collo.

Balzò la testa: atro di morte nembo
la involse; e il fiume de l’aperta gola
spruzzò Fortezza ed inquinolle il grembo.

Essa per l’aure attonita s’invola,
scote le intrise vesti e giú dal lembo
su i muti regicidi il sangue cola.

XXXVII

SULLE RIVOLUZIONI DI FRANCIA

Io chiamo libertá con alto grido,
e ardor sol di licenza in petto serro.

Mesco al tiranno il re, pe’ crin li afferro,
e d’una spada stessa entrambi uccido.

Prepotente, crudel, superbo, infido
le leggi invoco ed ogni legge atterro:
sprezzo i nemici e con alzato ferro
a vincere o a morir tutti disfido.

Or palese or coperto in giro corsi:
empiei di sangue cittadino un regno,
e quello d’un eroe bebbi a gran sorsi.

Né basta ancora: ornai son giunto al segno
che vedrei volentieri il mondo a sciorsi.
Fanatismo son detto e in Francia io regno.