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VI
A MARIA TERESA
POEMETTO
1
Or che sei scritto in quel frondoso alloro
che mi suole talvolta ornar le chiome,
va’ pure, inno soave, e a cifre d’oro
sventola in aria di Teresa il nome.
Vanne pur sul Danubio, inno canoro,
vanne a l’inclita madre, e dille come
il tempo fu negato ai versi miei
per degnamente ragionar di lei Ò).
2
Forse avverrá che la germana diva
oda le tosche rime in lieta fronte,
mentre siede o passeggia a l’aura estiva
tra Tacque e l’erbe e i fior del suo Belfonte.
Ma se poco gradito il suon le arriva,
un fresco venticel cali dal monte,
che nel sacro giardin scuota ogni fronda
e T ingrata armonia tpsto confonda.
3
Sin dagli anni primier Teresa bella
destò nei cori affetto e maraviglia.
Scendeva il crine in rilucenti anella,
era la guancia sua latteo-vermiglia.
Doppio sguardo non giá, ma doppia stella
splendea nel capo de l’augusta figlia:
e se dopo il meriggio è bella ancora,
qual fu la sua bellezza in su l’aurora?
(x) Questo poemetto fu composto per essere recitato in un’accademia, onde,
attese le circostanze, non era conveniente maggior lunghezza di quella che sarebbe
convenuta alla dignitá ed alla grandezza deH’argomento.