Pagina:Vittorelli - Poesie, 1911 - BEIC 1970152.djvu/263

16

Io lo conosco per lunghissim’uso
e d’esser passatempo ha tutto il merto;
ma pria si lasci infuriar laggiuso,
onde quassú gli dèi vegganlo esperto. —
Apollo tace, indi riman conchiuso
di ricettare il parassito offerto;
chiamasi Momo, e quel vegliardo imbelle
ottien aureo braghier trapunto a stelle.

17

Turgido intanto seguita l’impulso
di rimeggiare a bassa lena a furia,
e va spremendo uno sdiaccio insulso
da quella cetra longobarda e spuria:
nel rimirarlo in viso ei par convulso,
vitupera la Crusca e Dante ingiuria,
corron le genti e lo beffeggian dietro,
ei non sofferma il piè né cangia metro.

18

Innamorato del suo stil leggiadro,
porta la fronte contumace ed alta:
i precetti febei mette a soqquadro
e solo il Testi e l’Achillino esalta:
borbotta sempre, e qual esperto ladro,
l’inavveduto passaggero assalta,
indi con ferrei versi e stranie rime

10 conquassa, lo soffoca e l’opprime.

19

Forse stucchevol meno e men bislacco
fu l’impronto ciarlier, che a viva forza
d’assedio strinse il venosino Fiacco
seguendolo molt’ore a poggia e ad orza: (0
e mentre cotestui votava il sacco,
ingoiare e tacer fu gioco forza,
poiché salvarlo dal penoso ristio

11 servo non potè, non volle Aristio.

(1) Orazio, Satire , I, 9.

I. Vittorelli, Poesie.

17