Pagina:Vittorelli - Poesie, 1911 - BEIC 1970152.djvu/262

12

Il sidereo moltiplice convito
piú non risuona di facezie oneste,
e per cagion del vecchio imbarbogito
tramontarono in cielo e giochi e feste.
Dunque un migliore idoneo parassito
procacci a sé la tavola celeste,
e Momo con Saturno, o dèi, si accoppi
a ragionar d’occhiali e di sciloppi.

13

Turgido, la cui fama è in del diffusa,
entri pel vecchio rimbambito in lizza:
egli suona la delia cornamusa
e cento gofferie cantanto infizza;
egli ha d’un ciarlatati l’anima infusa,
che ad impazzire e a verseggiar l’aizza;
e dice cose che far rider potino
il divo nostro ipocondriaco nonno.

14

Mentre che un di su le beate cime
de 1’ Elicona rorido men giá,

Turgido a le pendici oscure ed ime
tumultuar enfatico s’udia;
e con patente di stravolte rime
a l’ardua vetta sormontar volia,
ma il buon gusto che veglia al piè del monte,
spinselo addietro e lo percosse in fronte.

15

Turgido si raggrinza e lo rimproccia,
né al colle intemerato la perdona,
e tutta quindi la muscosa roccia
di bestemmianti iperboli risuona.
Melpomene ed Urania alfin si approccia
con mille abitator de l’Elicona:
entrano minacciose a quel rabbuffo
e gli strappati la zazzera ed il ciuffo.