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4

Con grave ciglio e altitonante voce
in lui tenendo le pupille fisse:

— Neghittoso che fai? Sorgi veloce —
al molle sognator quell’ombra disse;

— se bel desio di gloria il sen ti coce,
quest’arpa che il destino a me prescrisse
mentre vivea quassú, Turgido, prendi,

e l’agghiacciata poesia raccendi.

5

A l’enea cetra, a l’unnica divisa,
a l’ implacido sguardo, al vivid’estro
il gran padre Achillino in me ravvisa
de la trascorsa etá nobil maestro.

Io la ricco-addobbata e incirconcisa
metafora guidai sul colle alpestro,
e udirono per me le aonie valli:

«Sudate, o fuochi, a preparar metalli».

6

Ora i lepor, gli strafalcioni, i motti,
e l’enfasi e il bisticcio a te consegno:
tropi, anagrammi, iperboli, strambotti,
e cento sforzi di sottile ingegno.

La grassa arte d* Apollo e i carmi ghiotti
abbian di nuovo in te lena e sostegno. —
Qui trasse l’arpa incontanente al suolo,
soflíogli in bocca e dileguossi a volo.

7

Turgido quinci a l’alito raccolto
venne in tal guisa forsennato ed ebro,
che meno il popol videsi stravolto
de le ogigie baccanti in riva a 1’ Ebro.
Turbò le chiome, trasformossi in volto
e si sconvolse a lui tutto il cerèbro,
poi dal furore a bestemmiar costretto
non scese no, precipitò dal letto.