Pagina:Vittorelli - Poesie, 1911 - BEIC 1970152.djvu/252

28

Orsú contro i malvagi a la battaglia
esciam guarniti da le nostre case:
fa d’uopo sterminar questa canaglia. —

E si dicendo i cori persuase.

Marte vestigli allor con piastra e maglia
e di ferocia bellica gl’ invase:
fave sgusciar la notte e poscia entrambe
di tai cortecce armaronsi le gambe.

29

Il giaco fue la pelle d’un gattone,
trattagli ad arte, con pagliuzzi sopra;
e invece di guerriero eneo scudone,
bellichi di lucerne ognuno adopra.
L’aguzzo poi tersissimo spuntone,
tutto di Marte spaventevol opra,
fur lucid’aghi di metal perfetto
ed un guscio di noce il loro elmetto.

30

Poiché i ranocchi intesero il bisbiglio
de l’imminente esercito guerriero,
prima alzarono il muso, indi consiglio
su quel tumulto inopinato fèro.
Quand’ecco appar di Scavacacio il figlio,
tenendo ne le man lo scettro altero,
ad intimar con minacciosa voce
guerra sanguinosissima e feroce.

31

Montapignatte, l’animoso araldo,
cosi loro parlò sdegnosamente:

— Poscia che Gonfiagote empio e ribaldo
annegò Rubabricioli innocente,
qual è tra voi piú coraggioso e baldo
sfidi a battaglia la topesca gente. —

Parti, ciò detto; e da paura tocchi
Gonfiagote sgridarono i ranocchi.