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20

Certo men brutta, men deforme e sozza (d
fu quella vecchia stomacosa un di,
che co ranimatrice tavolozza
il fantastico Zeusi colori ;
ma un riso tale chiusegli la strozza,
poiché quel ceffo orribile compí,
che giacquesi boccon di vita esausto,
a la deformitá primo olocausto.

21

Ma Iole impaziente ne richiama
e vola al suo gridar la nostra musa,
quando co la vecchiaia insulsa e grama
di trescar volentieri ella non usa.

Nuova beltá sul volto di madama
in grazia del belletto or è diffusa;
e specchiandosi il labbro e le pupille
sembra lieta sciamar: — Cedimi, o Fille. —

22

Quanto compiango l’inesperta dea (2)
cui Cecrope innalzò templi ed altari,
la qual dovendo su la cima idèa
gareggiar di beltá, giudice Pari,
sotto a la sferza ignivoma correa
(bella semplicitá!) de’ rai solari,
onde poi comparir nel gran litigio
vermiglia e rubiconda innanzi al frigio.

23

In cosi dir la vaga Iole osservo,
che al leggiadro de’ nei costume intende,
forse a celar quell’ invido e protervo
bitorzolino che la gota offende.

E giá dal bruno immacolato acervo
senza nulla indugiar vari ne prende:
col vetro si consiglia e per capriccio
ne attacca un su la fronte, un sotto al riccio.

(1) Vedi Valerio Flacco.

(2) Teocrito, Bagno di Palladi.