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Sul tavolino che mi posa innanzi,
massa di libri inordinata giaccia;
e d’ogn’ intorno lacerati avanzi
di scritti fogli collocar ti piaccia.
Ponimi appresso una lucerna, ed anzi
obliquamente mi risplenda in faccia,
e quinci l’ombra, che dal naso parte,
avvolga i libri, il tavolin, le carte.
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Ma giá son presti i magistrali arredi
e me nel viso immobilmente adocchi :
giá innanzi a l’apelleo tripode siedi
qua e lá spargendo i luminosi tocchi ;
ed ecco in un momento apparir vedi
la conceputa fronte e i vivid’occhi ;
e in mezzo al volto, qual aerea torre,
spuntar l’adunco imperiai nasorre.
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O meraviglia de l’etá presente!
sembra il quadro animato e par che viva.
Non piú la favolosa antica gente
il suo Prometeo informator descriva.
Giá move il caldo labbro, e impaziente
per ringraziarti la favella avviva:
tu l’odi meco e gelido qual pietra,
a te cade il pennello, a me la cetra.