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Qual però mercai vantaggio?
Fortunata la ricada,
ch’ebbe in premio un orno, un faggio,
e due stille di rugiada!

A te pur quella incostante
che de’ buoni è lo sconforto,
mostrò burbero il sembiante,
e far volle, iniqua! un torto.

L’occhio tuo sereno e schietto
fatalmente ricoprissi
di straniero nuvoletto,
com’è quello de l’eclissi.

Ma il buon Sacchi, illustre nome
fra gl’ illustri d’Epidauro,
a cui Febo in su le chiome
ogni di rinfresca il lauro;

quella tunica nebbiosa
ti levò da la pupilla,
che or sostiene ardimentosa
la settemplice favilla.

Ne la lunga arte divina
gli fu guida il dotto Scarpa,
che a la negra Libitina
ferma il volo e l’ali tarpa.

Abbia, o amico, il giovin prode,
caro a te, caro ad Igea,
lo splendor di quella lode
che i magnanimi ricrea.

Io dal lito occidentale
del Medòaco subalpino
rendo grazie a l’ immortale
Esculapio del Ticino (1).

(1) L’esimio Scarpa, accennato poc’anzi.

I. Vittorklli, Poesie .

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