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XXIV

ALLA ORNATISSIMA SIGNORA ELISABETTA PAROLIXI

mandandole una satira composta da un poeta veneziano egregiamente
in quel dialetto, e che era molto ritroso a concederla

Placati, o Elisa bella,
torna serena e lieta:
fu docile il poeta,
fu blando e cortigiani

quegli che in patria lingua
tutti gli orecchi molce,
e fa parer men dolce
il numero toscan.

Ei del ventoso Lindo
odia le acute spalle,
e ne la bassa valle
soffermasi a cantar.

Non chiede il verde alloro,
concesso in dono a pochi:
fra i satiri e fra i giochi
gli piace conversar.

Un giorno che de V Adria
io lo adocchiai nel fòro,
la dove il tempio d’oro
eretto a Marco sta:

— Fermati, o vate — io dissi, —
fermati, e non negarmi
que’ tuoi recenti carmi
in segno d’amistá.

Sai tu chi li sospira?
sai chi li attende? Elisa.

Padre di urbane risa
è il lepido tuo stil.

Ma se destar la gioia
godi co’ versi tuoi,
destarla affé non puoi
su labbro piú gentil.