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XXXIV
Dice talun ch’io sono
piú instabile del mare,
che presto, o luci care,
10 v’abbandonerò.
Ah! fin che il ciel mi serbi
tra queste valli amene,
11 tuo poeta, o Irene,
e il tuo pastor sarò.
E se la parca avara
troncasse i giorni miei,
1’ Eliso io lascerei
per rivederti ancor.
Ombra fedele e grata,
io lascerei l’Eliso,
e nel tuo dolce viso
lo troverei miglior.
XXXV
Stavano sotto a un faggio
Irene ed Amarille,
mentre piovea scintille
il caldo mezzodí.
— Amo — diceva Irene —
un pallidetto viso,
che certo da l’Anfriso
e non dal Brenta usci.
Amo Fileno, il dolce
cantor de’ vezzi miei:
amolo, e non saprei
chiedere al ciel di piú.
L’amo perché quel core
d’esser fedele ha il vanto:
l’amo perché quel canto
rispetta la virtú.