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XXVI
La terza notte è questa
che il sonno, o Dio! mi lascia;
che da V interna ambascia
non posso respirar.
L’imago di due sguardi
infidi e menzogneri
sui placidi origlieri
mi viene a funestar.
So che pietá verace
sente del mio dolore
chiunque nutre in core
sensi d’umanitá.
Ma se pietá non sente
la bella e cruda Irene,
che giova a le mie pene
tutta l’altrui pietá?
XXVII
Irene, è giá finita
la storia degli amori:
quegli occhi traditori
m’ingannano, lo so.
Credevi forse, o bella,
schernire a lungo un vate?
La lingua de le occhiate
Amore m’insegnò.
Non dir che in van mi lagno,
non dir che son bugiardo:
conosco nel tuo sguardo
i moti del tuo cor.
Qual barbaro destino
mi pose in tanti guai?
Ah, non avessi mai,
mai conosciuto amor!