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AD UN PARROCO (i)
che fa la sua residenza in una ròcca dove abitava Eccelino.
Se fra il silenzio de la notte oscura,
quando nel sacro ovil tace Parmento,
odi per Paure un gemito e un lamento,
che sembra annunziator d’alta sciagura;
se fra le cupe e solitarie mura
vedi girar un’ombra a passo lento,
non ti sorprenda gelido spavento,
ché de la tua salvezza il cielo ha cura.
Questa magion, tuo pastoral soggiorno,
cinta da fosche sotterranee grotte,
fu de l’empio Eccelino asilo un giorno.
Qui vien l’orrido spettro a mezza notte,
e va girando e sospirando intorno
fin che s’apre l’abisso e lo ringhiotte.
ili
AD UNA DAMA (2)
espertissima nel canto e nel suono del cembalo. Per le sue nozze.
Quanto è ritroso Imeni Perché non viene
a consolar le tenere donzelle,
che indarno sospirose e indarno belle
chiedono i lacci suoi, le sue catene?
Duolsi la bionda Nice e piange Irene,
lo invocali queste e lo scongiurali quelle;
ma ne l’ozio felice de le stelle
ei non ode i lor voti e le lor pene.
Eppur tu lo vincesti. Agile e destro
ei scende a te su le lucenti piume,
versando fior dal pronubo canestro.
Vanne dunque festosa oltre il costume,
e su l’arguto cembalo maestro
canta un inno di grazie a si buon nume.
(1) Il signor canonico arciprete Golini.
(2) La signora Marietta Vincenti.