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Già la notturna tenebra
Copre la terra e il mare:
Di Dite inesorabile
Fuggendo il limitare
Riedi, o Corinna, ai memori
Giuochi, che a se t’appella
La dolce tua sorella.
Spesso, il rammento, al nascere
Delle lucenti stelle,
Guidar solevi gli agili
Cori delle donzelle;
Nè in menar danze viddero
Le genti mai più destra,
Nè più gentil maestra.
Talor su veste frigia
Meco trattando l’ago,
Godevi un flor dipingere
O una leggiadra immago,
E della notte il tedio
Ingannavamo intanto
L’una dell’altra accanto.
E meco, allor che il roseo
Lume apparia del giorno,
Le belle labbra ai cantici
Scioglier ti piacque; e intorno
Un blando suon di cetera
S’udia commisto ai versi
Così leggiadri e tersi.
Ahi! cruda morte, ai miseri
Mortali ognor infesta,
Tu l’uman gaudio in lagrime
A convertir sei presta:
O mia sorella, o candida
Luce degli occhi miei
Spenta per sempre sei!
I lauri si rivestono
Di fiori e frondi nuove,
E fra i dipinti margini
Lento il ruscel si muove:
Ma ahimè! che fra le grazie
Della natura e il riso
Non veggo il tuo bel viso.
Fra la notturna tenebra
Solo suonar si sente
Il canto della bubbola
Mestissimo, dolente;
Solo s’ascolta gemere
Il pauroso augello
Sul tuo deserto avello.
Bal.