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Articolo estratto dal Vessillo d’Italia, gazzetta Vercellese, an. XVII, a. 6.
DIDACI VITRIOLII EPIGRAMMATUM
LIBER SINGULARIS
Et rident stolidi verba Latina Getae Ovid. |
In uno di questi giorni, mentre appena giuntami dalla Posta io stava leggendo la preziosa produzione che qui viene annunziata, ruppi spensieratamente contro una specie di mammifero, che riconobbi tosto per un tal personcino di sesso ambidestro, possessore di una lunga barba, e di due non brevi orecchi, i quali affrontavano ogni artistica precauzione per aprirsi la strada a far atto della loro non poco imponente presenza. Noto a molti costui, e temuto, perchè tempestator instancabile di parole, e narrator inesausto di avventure, siccome stato sino ai confini del Mondo, cioè sino a Parigi, dove tutto aveva trovato bello; ragione per cui doveva trovar tutto brutto in Italia al suo ritorno.
E piantatomisi nel cospetto, fermo su le sue gambe anteriori alzò non senza qualche sforzo il mento per livellare alla stessa linea orizzontale il suo raggio visivo col mio.
Giacchè tutti sono al fatto della moda trionfante nell’anno corrente della fruttifera Incarnazione: moda che obbliga a coprirci, o di un cappellinetto non più alto di un mezzo fungo, e non più largo di uno scudo: o di un tubo gigante e turrito come quello della Dea Cibele. Con la condizione severa però,