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zelle, allora la frase del verso dilicatamente si svolge; come al contrario, toccando cose buffonesche e da riso, il verso incede dimesso, e son quasi volgari le parole. E reca meraviglia, come dalla satira passi poi felicemente a toccare i tasti del dolore; chè non sappiamo se note più affettuose e dolenti possano scriversi, di quelle che leggonsi negli epigrammi 102, 103, ed altri funebri. Ma nei pochi epigrammi di subjetto romano, mostra lo stile un non so che della castrense asprezza dei Quiriti, ed appare conciso, laconico, con grave pensiero nella chiusa (65, 96, 104, 109). In somma troverai dapertutto quelle avvertenze, che il Conte Cibrario chiamava con bella frase magisteri tutti propri del Vitrioli, e che non possono trasferirsi nelle versioni italiane, come fu notato da varî letterati, le cui testimonianze riporteremo nel volume seguente.
Dopo Catullo e Marziale i più belli esempi di latini epigrammi gli abbiamo, come d'ogni altra latina cosa, dai cinquecentisti; quando anco le donne ne scriveano di vaghissimi. Eppure, noi invitiamo chicchesia a paragonare questi del nostro Diego con gli epigrammi del Sannazzaro, e vedere se per armonia Virgiliana, e dilicatezza di pensieri si lascino addietro quelli del vate Partenopeo, e quanto giusta sia stata quella sentenza del Ponziglione (in epist. ad illustr. Viros. Augustae Taurinor. MDCCCLVIII, pag. 38) confrontando il Sannazzaro al Vitrioli: Si inaffectatae, ut par erat, simplicitati studuisset. Quod autem ille nequivit, felici quodam fato, post trium saeculorum spatium tibi populari suo.... consectari contigit. Se non fossero tutti bellissimi, ognuno nel suo genere, basterebbe quello ammirabile sopra Pompei (72) ove sono in brevi motti accennati i vari oggetti scoperti in quella città.
Ne’ secoli posteriori scemarono di pregio gli scrittori latini epigrammatici, tranne pochissimi, come il Grozio ed il Cunich; ma quanto a’ pensieri, i più belli epigrammi di questi due let-