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26 Poi vidi coso dubitose molte, 23 nel vano imacinare ov’io entrai; « od esser mi parea non so in qual loco, e veder donne andar por via disciolte, 5 qual lacrimando, e qual traendo guai, che di tristizia saettavan foco.

Poi mi parve vedere a poco a poco 24 turbai* lo sole e apparir la stella, e pianger elli ed ella; io cader li augelli volando per Pare, e la terra tremare; ed omo apparve scolorito e fioco, dicendomi: - Che fai! non sai novellai Morta è la donna tua, ch’era sì bella. - 15 Levava li occhi miei bagnati in pianti, 25 e vedea (cho parean pioggia di manna) li angeli che tornavan suso in cielo, ed una nuvoletta avean duvanti, dopo la qual gridavan tutti: Osanna; 20 o se altro avesser dotto, a voi dirèlo.

Allor diceva Amor : - Più noi ti colo ; 20 vieni a veder nostra donna (die giace. - «ione è cho (li necessità anche Beatrice dovrà morire come gli altri, nò durante la forte immaginazione il poeto entra in distinzioni sottili se quello della sua donna sia morire o altra cosa : anzi pnr fra i canti degli angeli che recano l’anima di lei in paradiso, il grido del suo cuore ò : « Vero ò che morta giace la nostra donna». Se le donne, nell’ intenzione del poeta, avessero detto « tu solo morrai, nou Beatrice», i pensieri di Dante avrebbero dovuto prendere altra via che quella della visione della morte di lei. Anche la corrispondenza che deve cercarsi, qnant’è possibile, fra la prosa e la poesia, mi par cho confermi la mia opinione. Tale corrispondenza, più che nel ripetersi d? una particella come pur, che può esser casuale, deve ricercarsi nella narrazione dei fatti. Ora, intendendo come fa il Casini, rimane senza riscontro nella poesia il grido di quei « visi diversi e orribili a vedere»: Tu se9morto! Intendendo inveco a mio modo, nel gridare di quei « visi di donne crucciati » ripetutamente : Morraii, morràti! s’avrebbero riprodotti alla meglio i due gridi successivi : Tu pur morrai. Tu se* morto !