Pagina:Vita nuova.djvu/364

60 VITA NUOVA XXIII 18-22 10 15 20 25 e qual dicea: «Perché sì ti sconfortof»

Allor lassai la nova fantasia, chiamando il nome de la donna mia.

Era la voce mia si dolorosa e rotta sì da l’angoscia del pianto, ch’io solo intesi il nome nel mio core; e con tutta la vista vergognosa ch’era nel viso mio giunta cotanto, mi fece verso lor volgere Amore.

Elli era tale a veder mio colore, che facea ragionar di morte altrui: « Deli, consoliam costui * pregava l’una l’altra nmilemente, e dicevan sovente: « Che vedesti!, che tu non hai valore ! »

E quando un poco confortato fui, io dissi: « Donne, dicerollo a vui.

Mentr’ io pensava la mia frale vita, e vedea ?1 suo durar coni’ à leggero, piansemi Amor nel core, ove dimora; por che l’anima mia fu sì smarrita, che sospirando dicea nel penserò: - Ben converrà che la mia donna inora. - Io presi tanto smarrimento1 allora, ch’io chiusi li ocelli vilmente gravati, 19 20 21 22 5. I pih antichi oo<lid di MS V M V 0, © anche K ori inno e Lanr. XL 44), mono O: delangoteia.

espungerò (come ai soleva fare) le parole iu più, perchè davano anclr esse buon senso.

8. giunta cotanto. F. Pellegrini (Noterella dantesca, nel giornale Ebe, a. 1905, u. 13) propone di leggere E con tnttn la vista vcrjrounotm Ch’ora noi viso mio, giont' a cotanto MI fòco verao lor volgoro Amoro j cioè: « Amore, giunto ormai a cotanto (arrivato a falle, da farmi dimentico d’ogni riservatezza e da spingermi a pronunziare con voce alta il nome dellu mia donna), mi fece rivolgere verso costoro con l’aspetto pien di vergogna, che traspariva dal mio volto ». Nel Bull, d. Soc. Dantesca (N. S., XII 146) ho dotto perchè preferisco mantenere la lezione tradizionale.