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     reman tu qui con lei,
     e del tuo servo ciò che vuoi ragiona;
     e s’ella per tuo prego li perdona,
     fa che li annunzi un bel sembiante pace».
     Gentil ballata mia, quando ti piace,
     movi in quel punto che tu n’aggie onore.


Questa ballata in tre parti si divide: nella prima dico a lei ov’ella vada, e confortola però che vada più sicura, e dico ne la cui compagnia si metta, se vuole sicuramente andare e sanza pericolo alcuno; ne la seconda dico quello che lei1 si pertiene2 di fare intendere; ne la terza la licenzio del gire quando vuole, raccomandando lo suo movimento ne le braccia de la fortuna3. La seconda parte comincia quivi: Con dolze sono; la terza quivi: Gentil ballata.

Potrebbe già l’uomo opporre contra me e dicere che non sapesse a cui fosse lo mio parlare in seconda persona, però che la ballata non è altro che queste parole ched io parlo: e però dico che questo dubbio io lo intendo solvere e dichiarare


2. ciò che vuoi. I Mss. stanno per questa lezione, e non per vuol che D’Anc.2 ha preferita. È ben vero che w e p hanno vuol, ma, nello stesso gruppo, M ha uoli e A uo; e s dà uo (V vuo), k uuoli, b uuoi. Nè io oso scostarmi da una lezione che ha così saldo fondamento nei codici, e dà un senso buono (ciò che vuoi, ciò che pare opportuno a te), anche se vuol sembri darne uno migliore, non tanto in sè, quanto in relazione al principio della ballata (XII 10) e alle parole di XII 7: «e di ciò chiama testimonio colui che lo sa, e come tu prieghi lui che li le dica, ed io che son quelli, volentieri le ne ragionerò; e per questo sentirà ella la tua volontade». Il Casini oppone che «se Dante pregava Amore di far le sue difese (e come tu prieghi lui), non pretendeva certo di determinargli il modo e le parole del suo ragionamento». Ma volere non esprime sempre pretesa, ma anche semplice desiderio; e a questo punto non sarebbe certo senza efficacia il ciò che vuol, perchè rifletterebbe ancora una volta ciò che a Dante sta tanto a cuore, che Amore lo scusi; non il modo, ma la cosa importa al poeta. E in mancanza dell’autografo, chi può assolutamente escludere che in una delle prime copie non si sia sostituito un vuoi a un vuol?

  1. b x a lei.
  2. E per si pertiene, ecco la precisa lezione dei più antichi testi: S sip̃tiene, K sapertiene, M sap̃tiene, To sappartiene.
  3. α dela sua fortuna.