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22 | vita nuova ix 2 - 4 |
pagnia di molti, quanto a la vista l’andare mi dispiacea sì, che quasi li sospiri non poteano disfogare l’angoscia che lo cuore sentìa, però ch’io mi dilungava da la mia beatitudine. E però lo dolcissimo segnore, lo quale mi segnoreggiava per la vertù de la gentilissima donna, ne la mia imaginazione apparve come peregrino leggeramente vestito e di vili drappi. Elli mi parea disbigottito1, e guardava la terra, salvo che talora2 li suoi occhi mi parea che si volgessero ad uno fiume
colo hai partito cortesia e ciò che in donna è da pregiar virtute»; e poichè ciò che è da reputar virtù è anche da lodare, l’una frase val l’altra.
1. quanto alla vista. Si deve riferire a tutto ch’io fosse a la compagnia di molti o a l’andare mi dispiacea? Incerti ci lasciano gli antichi, mettendo quanto alla vista fra due virgole. Il D’Ancona si chiese prima, nell’edizione del 1884: «Vuol dire che, per quello che si vedeva, era in compagnia di molti, e in generale lo compagnie sono liete, ma ei non l’era: ovvero che, per quello che si vedeva dal suo atteggiamento e dai sospiri, l’andare dispiacevagli?». E il suo parere fu che «forse è meglio congiungere questo inciso colla prima frase». Al Renier (Giorn. stor. d. lett. ital., II,371) parve che la seconda maniera d’interpretare proposta dal D’Ancona «non possa neppure esser messa in discussione, perchè darebbe una contraddizione nello stesso periodo», e proponeva questa spiegazione: «quantunque fossi in compagnia di molti (per quanto dicea la vista, cioè in apparenza, che in realtà io non badavo agli altri, ma ero solo in compagnia del mio pensiero doloroso), l’andare mi dispiacea ecc.». Io non riesco a vedere la contradizione che il Renier scorge nel periodo a congiungere quanto a la vista con mi dispiacea; e poichè la sua mi sembra un’interpretazione sforzata, e dove il con tutto che viene a perdere molta della sua forza, preferisco quest’altra, che resulta più piana dal contesto e dalla considerazione che quando siamo in compagnia si cerca di non dare a vedere il proprio cruccio, specialmente se n’è causa Amore: ‘sebbene in compagnia, pure apparivo così dispiacente ecc.’ In altre parole, il dolore di Dante era tanto, che, quantunque fosse alla compagnia di molti, non riusciva a celarlo. L’espressione quanto alla vista viene così ad avere lo stesso significato che in altri due luoghi della Vita Nuova: XII 3 (Amore) pensando molto quanto a la vista sua, mi riguardava là ov’io giacea; XXXV 2 mi riguardava sì pietosamente quanto a la vista, che tutta la pietà parea in lei accolta: dove vista ha il valore preciso di ‘aspetto, espressione del viso, sembiante’, e non già di ‘ciò che si vedea, ciò che appariva’, indeterminatamente. Nè fa ostacolo alla mia interpretazione il ‘quasi cangiato ne la vi-