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vita nuova viii 10 - ix 2 21


Dal secolo hai partita cortesia
     e ciò ch’è in donna da pregiar vertute:
     in gaia gioventute15
     distrutta hai l’amorosa leggiadria.
     Più non voi discovrir qual donna sia
     che per le proprietà sue canosciute.
     Chi non merta salute
     non speri mai d’aver sua compagnia.20


Questo sonetto si divide in quattro parti: ne la prima parte chiamo la Morte per certi suoi nomi propri; ne la seconda, parlando a lei, dico la cagione per che io mi muovo a blasimarla; ne la terza la vitupero; ne la quarta mi volgo a parlare a indiffinita persona, avegna che quanto a lo mio intendimento sia diffinita. La seconda comincia quivi: poi che hai data; la terza quivi: E s’io di grazia; la quarta quivi: Chi non merta salute.

IXAppresso la morte di questa donna alquanti die avenne cosa per la quale me convenne partire de la sopradetta cittade ed ire verso quelle parti dov’era la gentile donna ch’era stata mia difesa, avegna che non tanto fosse lontano1 lo termine de lo mio andare, quanto ella era. E tutto ch’io fosse a la com-


2. In due modi diversi nono stati interpunti questi versi. L’uno è: E, ciò ch’è in donna da pregiar, vertute: in gaia gioventute distrutta ecc. L’altro: E, ciò ch’è in donna da pregiar, vertute in gaia gioventute: distrutta ecc. Ma la virtù, e anche la virtù in gaia gioventù, non è cosa da pregiare pur nell’uomo? A me sembra meglio togliere la virgola dopo pregiar (e quindi anche dopo e) e fare di virtute un complemento diretto di esso verbo, intendendo che la Morte ha allontanato dal mondo cortesia e le altre doti che sono in donna da reputar virtù (cfr. Guittone, Lettere, XXV, p. 63: onore pregerete onta, e danno prò, e sapienza errore). Il Melodia non consente iu ciò, perchè essendo questo verso per la forma e per il pensiero parallelo ai vv. 7-8 del precedente sonetto, pregiare gli sembra che debba valere lodare. Ma il parallelismo fra i due versi non si toglie col mio modo d’intendere, anzi diviene più esatto, perchè tanto nell’un passo come nell’altro si ha l’indicazione delle migliori doti muliebri con la stessa formula generica tutto ciò che: «guastando ciò che al mondo è da lodare in gentildonna» - «Dal se-

  1. β non tanto lontano fosse.