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ORTOGRAFIA COL XXXI II 60. Congiuntivo. - Presente: mora (: dimora, allora) in XXIII 21 e moia o muoia, puro in rima, in XII 13 e in XV 5; ma in XXIII 3 M si mora, K si moia, S To si muoia. Tutti sicasi in XXXI 7 (cfr.

K° 34, 62, 101 stea ; Stat. Cannine e Cap. 8. Gilio pure steaf sempre). Imperfetto: av desse (XXXI 15), in rima con sapesse, scritto da tutti audisse.

61. Condizionale. - K serei (XXII 4), ma M S To sarei. Accanto alla finale comune -ci c’è pur quella in -ia : dìverria, faria 9 morria, ma tutti nella parte poetica. Due volte sarebbero, -ono, ma in XXXVII 5 c in prosa, M S soriano, To sarieno. Per potremo, v. num. 42b.

62. Imperativo. - M face (tu); ma K S To fa.

63. Infinito. - Il solito pentere, «lato da tutti i codici (To pentirsi). K due volte dicere contro tren tacimi no dire, S M otto contro ventotto; To generalmente dire, e così anche in XIX 16, dove gli altri tre son concordi in dicere (però in XXI 4 ha diccr con 8 M, mentre K ha dire) : la forma più piena sarà da conservare ovunque ci sia l’autorità di qualche Ms., e conforta a ciò anche 0 in XXIII 13 e in XXVI 4.

64. Participio e gerundio. - Accanto a vestita, in prosa, due volte, in poesia, vestii te (K° 70, vestute, 72 ucstuta, Lapo Gianni). Apparita in III 8 secondo M K To (manca in S), ma poche righe dopo K M (S anche qui è lacunoso) danno appartilo (III 9) ; c apparata dà M in XII 9, ma gli altri apparita ; e apparita occorre in XXXVIII1 secondo tutti i testi. Nascoso due volte pure iu tutti. Ricordiamo il resurressiti di XIV 8 (K resurrcsiti, To rexurexiti, M rexvrcsiti). Nel gerundio poco di notevole : K To notjliendo, sappiendo, e sapiendo anche M ; MS 0 uolcndo, S sapendo.

INDECLINABILI 65. Souo da notare alcune tendenze dei singoli copisti, per avere una norma nel valutare le testimonianze dei codici nei casi particolari.

a) tra o fral- Preferito da tutti il primo; ma nei casi (undici) di fra me (medesimo o stesso) fra è esso il preferito, salvo eccezione di questo o quel codice (due volte To e una S).

b) poi o poscia? L’uno e l’altro, e così poi che e poscia che. Ma poi è preferito quando non è in principio di proposizione, come divenni in picciolo tempo poi, Avvenne poi che, onde poi ritornato, ecc.; poscia invece nell’ espressione, consueta nelle divisioni, Poscia quando dico Canzone (o altro principio di poesia, o di parte di poesia), e fa eccezione tre sole volte K e una To, tanto che possiamo crederlo un loro mutamento arbitrario.

CCLXXXIV INTU