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OOLXXfZ del 4 dolce ati) nuovo 1 e non disdice qua e là in una prosa come quella «Iella Vita Nuova. La torma più frequente della 3* pers. è elUy salvo S e To, che al solito (cfr. 49) preferiscono egli, mentre K di egli ne ha soltanto tre, e nessuno M (anche la Cron. fior, sempre olii). In XXXVIII 7 e 10 è richiesto dal verso ci, e*, e in queste forme appunto s’accordano i codici: altri due casi di e* in K possono essere riduzioni del copista. Al piar., M citi, K tre volte etti e una egli; S egli in poesia, eglino in prosa; To egli iu poesia, e in prosa essi. Sarà «la stare con eUi. (Allo stesso modo, S To quegli per 4 colui’ e 4 coloro ’, ma K e M quelli, e K in duo soli casi que*, pel sing.). Iu XXXVII 3 K in elio, di cosa (M S To in esso: cfr.
Parodi, La rima ecc. 122).
52. Pronome obliquo atono di 34 pers. - Anche qui S e To preferiscono gli a li pel dativo sing. e per l’acousativo plur., ma K M 0 non conoscono che U. Pel dativo femiu. quasi costante le: in due casi M ha invece li; e in altri due già, per 4 le ha *, dove K S hanno la, che può corrispondere a 4 le ha ’ (cfr. 46). In XII 4 K il conoscesse e To S il conoscessi, ma M lo conoscessi ; in XLI 4 K eh il fa e To ehi il fa, ma M chilo/a e S cliiì lo fa. In composizione, K glilc per 4 lo lo * e più modernamente 4 glielo ’, M Vie, S lek: To aveva scritto che egli le dica, poi aggiunse in margine con richiamo fra egli e le un glie; segno che ebbe davanti un chcglile come K, e che lo intese prima come un che egli le, ma accortosi poi dell7 errore lasciò stare egli e aggiunse in margine tanto da ridurre il gli le a gliele. Accettiamo li le, rifattosi di su li li, cioè di sulla forma unica per tutti i generi e i numeri, nata dall' unione di lo ecc.
col dativo li (cfr. Parodi, Il Tristano Ricc., CLXXi; Novelle antiche 111, Fecie una lettera o dicdeglile [a messer Rinieri]; 126, trovò uno [farsetto] e provoglile indosso [al martore].... mostrando d'acconci arlile da piedi....; 128, sì la domandò dove quelli stara. Quella lile disse tutto apunto; 136, Salomone lile fece [il fanciullo alla donna] riporre in braccio). Anche altri esempi provano che nell’ unione dei pronomi atoni è mantenuto l’uso più antico (Parodi, Giorn. stor.
d. lett. ital., X 189 ss., e Tristano Rieeard., clxx ss.): la mi, la ui, il si, lo ne ecc. (To adotta sei in XXXI 16). Ben è vero che si ha in XXII 9 secondo K S M To: Ditelmi donne che mil (M To mei) dice il core; ma poiché w p danno cheimi, ristabilisco in tutto il verso l’uso primitivo. Pare anche da accettarsi in XVI 7 il uènnemi, cioè non ne mi, me ne uiene, di S, e anche di C e Laur. XL 44 (M ucn- nirne, K To uienmene). Avverto qui anche che sine è dato tre volte da K e una da M (K- 11 si n*è accorta, 56 ui ne fate; Fiore 135 si n’è accorto, 140 si n9à l’anima portata; Tesoretto 1756 li ne ripretide, 2177 si ne ua ; Cron. fìorent. 238 si n’ empieo. 260 si ne dolca; Capit.