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nonostante che a XXIII 3, dove S M hanno debilitata e To dvboletta, K rechi debile. Anche in Kc ai trova, «ce. a debile o debilmente, debole o deboletti. Accetto poro in II 4 menimi dato da K 8, contro il menomi di M To : mirabolc iu XTV 4 ha contro so S M To.
11. 0. - In prosa conosciuto, ma in poesia VT1I 10 K 8 conosciute, XXIII 22 K O conoscenza e M caunosciensa. Il Casini (Vita Nuova, p. 212) attornia esser conosciute un « arcaismo già smesso a’ tempi di Danto»; ma i numerosi esempi che ne troviamo in K° in poeti del Dolco Ht.il nuovo, o nelle rime stesse di Dante non comprese nella Vita Nuova, ci rassicurano.
12. U. - In tutti i testi: sustan^ia, -pie, suggello, nebuletla, fabuloso, tributaci one (Convivio 30° tribulationi); K S To circumdaua, e K S sinché uoeabulo. Tatti nutrimento, nui notrica secondo K S in poesia (ofr. Caix 94, $ (il; ancho in Vat2 notricha, più volto); uoUjare, h, più volto, in tutti, tranne in XII 5 dove M, seguendo il suo dialetto, ha uuolgari e S uuJgari (Convivio 4* uulgare); o secondo K 8 anche diuolgata. Sofficiente è dato solo da K (era d’uso comune: Etibr. Uff. Priori 70“; Capii, di S. Gilio 16% 21*, 35b; Stat. Art. Calmisi a 188; Kc 71, Lapo Gianni, o 61, Lupo Uberti ; in Convivio sofficiente 14b, 30b, 34'1 acc. a insufficiente 39*. e s officiai temente 3£1, 8b, 17*, acc. a sufficientemente 6% 26% 29h, 39u); robrioa si trova solamente iu 8 (Rubr. Uff. Priori 70b robricha). K dà geso xpo, To ih*o xpo, S M ih’u xpo : forma comunissima in prosa e in rima era geso cristo ; ma appunto per questo sarà prudente attenersi albi meno volgare, poiché due copisti co la conservano.
13. Dittonghi. - K 8 M sempre laudare, laudato, -a, -</, laudabili (To laudeuoli), laudatore, così in verso, come in prosa; ma To sgarra qualche volta per lodare o lodata, anche in poesia. Anche audire si può dir© costaute per testimonianza dei tre primi (di To è da fare ancho qui meno conto), tranne il caso che sussegua allo preposizioni a e da, come II 9 utile audire, XIII 4 dolce audire, XXIII 16 amorosa cosa daudire (così anche 0), che divideremo in utile a udire, dolce a udire, amorosa cosa da udire, pur essendo possibile che qui l’a facesse doppio ufficio. Vero è che anche negli altri cani qualche testo fa eccezione: VII 7 8 sofferino dudire, XIX 22 K M potessero udire, XXII 4 M attendea anche udire (K To attendai udire anche); ma poiché nell’uso comune il dittongo in audire era perduto, possiamo accettarlo anche se è mantenuto da un codico solo. E perciò m’ induco ad accogliere in poesia audite in Vili 6, e quindi anche in VIII 7, sebtieno, in tutti e due i luoghi, soltanto M abbia il dittongo. Invece non accetto da 8, in XIX 10, aumilia, perché anche Vat2 ha la lezione comune agli altri, umilia, e perché aumiliare fu dell’uso volgare, con au- iu origine di due sillabe, come composto analogico con a(d).