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NE nostante la spinta dell’ uso nativo, hanno mantenuto la forma fiorentina, la loro testimonianza ò preziosa. Anche* To non può ilare i
grande aiuto, non avendo saputo il Boccaccio guaniarsi dalle suo abitudini e preferenze : si può dire che quello che & della tradizione poetica siciliana o dell’uso fiorentino più antico è andato quasi del tutto perduto, per dar luogo alle forme e ai suoni prevalsi al tempo del trascrittore. I testi più sicuri sono K e S; e sebbene il primo sia popolareggiante e, senza uscire dai confini idiomatici del territorio fiorentino, abbia caratteri proprii più del contado che della città (1), e il secondo mostri una spiccata tendenza alle forme più volgari del dialetto fiorentino (2) e non sia troppo sicuro nella percezione e nella rappresentazione di certi suoni (3), la loro testimouianza è quella che meno ci allontana dalla fonetica e dalia morfologia che prevale nei testi fiorentini della fine del sec. xxn, o del principio del set*, xiv, così in prosa come iu poesia. Parecchi di questi testi abbiamo tenuto a riscontro per valutare convenientemente, caso per caso, i dati offerti dai codici della Vita Nuova : anzitutto, il Canzoniere e il Poema di Dante secondo la lezione dei più antichi testi fiorentini (specialmente nelle loro parole in rima) e il Convìvio nel testo dato dall'antico codice Laurenziano XC s. 134; appresso, il codice Vat. 3793 - specialmente la parte più recente, attribuita, sebbeu con poco fondamento, alla mano di Dante (4) - e il canzoniere Cliigiano L Vili cuora; lane irò Ootoscirà; pilotini, ]>o trebbiti, per ini medesimo, per si medesimo, itti nì disconfortai; di la, di li, per de la, ecc.; unolguri, porporco, dubitata- mente; amunisco; maire, patre, Jìade; <» afaVica, difetti, ossanna, pessuua, diti dissi; (io) dinne, incidi uccide. E por O: uitle uedo, udiriU, sin sa, pin, di contro nd ardescon ardiscono, di l atnistaile; oetubre, magiare, e porfino anguscia; uatin disconsolata; si raccogli; anchi anche, essar; nmaritta, smagatti, sappeano, (1) Tra lo formo popolaregjrianti sono mirabole, mie por mio, faceta facea; fanno sentirò una cort* aria di contado, oltro questo faoeia, sei'ei sana, altre altri (por altre, cfr. Metamorfosi trad. dal Simiutcndi pratose 70, 139).
(2) Citiamo ad cs. ouonque, proro prorare, drouebbet parali, arci, uidile, desiderassono, sacordono saoorsono, eoprissoro.
(3) Questa sua iuesporienza di trascrittoro si rivela specialmento nel trascurar© il ti : baldasa inazi pueto quado ijuato tornado, lottano, oco.
(4) Indichiamo con Vat.1 lo canzoni cccvj-cccsj riprodotto diplomaticamente nella pubblicazione della Società Filologica Romana Il Libro de varie romanze volgare, Cod. Vat. 3793, a cura di S. Satta, F. Egidi e G. B. Festa; e con Son. Vat. i sessantuno sonetti sulla maniera di servire attribuiti al Cavalcanti, pur diplomaticamente riprodotti da G. Salvadori nel volume La poesia giovanile e la canzone d'amore di Guido Cavalcanti, Roma, Società editrice Dante Alighieri, 1895. Ho citato il codice col titolo Antiche rime volgari quando, mancando la riproduzione della Società filologica romana, ho dovuto valermi della stampa Comparetti-D’Ancona.