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clxxvi introduzione

un esemplare nella sua Libreria, ma anche per richiesta o per farne un presente altrui, e quindi non una volta sola, ma più volte. Il codice di Toledo nella sua composizione stessa ci attesta il pensiero e le cure di un vero editore, che raccoglie e ordina il meglio del suo autore, e vi premette, come introduzione letteraria, il trattato in lode di lui, e in testa alle varie scritture o alle singole parti di esse appone quelle esposizioni o indicazioni che servano a dare una notizia sommaria del loro contenuto.

Ma - si oppone - le scritture di K2 riboccano di errori, e non soltanto le rime del Petrarca, la Vita nuova e le canzoni di Dante, ma anche l'opera stessa del Boccaccio, cioè la Vita di Dante: non può quindi ammettersi che il codice sia di sua mano. Di tali errori indica buon numero il Cesareo per le rime del Petrarca1, e alcuni il Macrì-Leone per il trattatello boccaccesco. Ma di quest’ultimi ha fatto giustizia l'Hecker (p. 1(5); gli altri si riducono a lezioni secondarie od omissioni, che al più possono provare che l’esemplare adoperato dal Boccaccio già si scostava dalla tradizione genuina con varianti che non sono errori manifesti e che quindi anche un copista intelligente poteva accettare senza difficoltà2, o che anche il certaldese ebbe talvolta le distrazioni che son comuni ai copisti 3: prendendo pure in esame

  1. Su le “poesie volgari„ del Petrarca, p. 296.
  2. Così in Voi che ascoltate giovenile amore, per g. errore; in * “Quel che infinita„ tanto gli piacque per sempre gli p.) in ‘Nel dolce tempo’ mi face per mi fece (tanto più che seguo ad un altro verbo al presente), in ‘Spirto gentil‚ error per erranti (lo stesso amanuense nota in margine al'erranti). Nè fa maraviglia cheil Boccaccio abbia lasciato correre, per la misura, versi come questi

    Quando inuoi adulen che gli occhi giri
    ove non spira folgor ne indegno
    col suono iuicin dintorno assorda
    per dimandar mercie allor tistai
    della tenera eta euecchi stanchi;

    o cheabbia ammesso uedren per uedrem, o che abbia scritto, secondo le abitudini del tempo, per intero le parole che nel verso vanno pronunziate tronche. I due versi del carme del Boccaccio al Petrarca che si trovano, in K2, ripetuti a c. 79a e mal combinati a questo modo

    Italie iam certus honos cui tempora lauro
    Dantis opus doctis uulgo mirabile nullis,

    non sono, a guardar bene, della mano di chi trascrisse le rime del Petrarca e le altre parti del codice, ma aggiunti posteriormente da una mano che cercò di imitare la scrittura del codice: non impugnano quindi (cfr. Cesareo, ibid., p. 289 e 296) l'attribuzione di esso alla mano del Boccaccio.

  3. Cosi si può spiegare perchè in ‘Sono animali‚ si legga occhi tenebrosi, trovandosi la stessa parola nel verso precedente: e può anche essere che