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classificazione dei testi clxxv

L’argomento fatto valere dal Macrì-Leone (p. CXLIX) che il codice contenga un rifacimento apocrifo d'un rifacimento apocrifo della Vita di Dante» non vale più oramai: oggi l’autenticità del Compendio è generalmente, e giustamente, ammessa. Quello che ancora si può discutere è se sia una prima stesura del trattatello, oppure un rifacimento; e io sto risolutamente per questa seconda opinione. Non è propriamente un compendio, ma una scrittura più ordinata, più sobria, più temperata; è sfrondata di tante considerazioni, digressioni, invettive, vane od eccessive, ma accresciuta di fatti e di particolari che compiono la vita o migliorano la scrittura; e anche i più piccoli ritocchi rivelano il ritorno dell’autore sull’opera già composta per renderla più armonica e più perfetta. Nè è il caso di parlare di un secondo rifacimento per quelle differenze che rispetto al Compendio sono in K2 (ed. Rostagno, p. VI-VII): sono accorciamenti che possono esser consigliati da ragioni varie, o anche da necessità di spazio o di tempo, all’autore stesso che ricopì l’opera sua. E neppure deve far maraviglia questo ricopiare che fa il Boccaccio il suo trattato, come non deve far maraviglia che trascriva più volte la Vita Nuova: ogni giorno più si conferma la credenza, fondata su testimonianze del tempo o di poco posteriori, ch’egli trascrivesse gran numero di codici; e il suo culto pel divino poeta, le molte reminiscenze dantesche onde ha infiorato i suoi scritti 1, il potersi attribuire alla sua mano ben quattro codici di cose dantesche2, il rimanerci, oltre alle due diverse redazioni della Vita di Dante, un epitome in terzine da premettersi a ciascuna cantica del poema 3, e argomenti in prosa da preporsi ai singoli canti4, provano, s’io non tu’ inganno, ch’egli copiò le opere di Dante, che dovevano esser molto ricercate, non soltanto per averne

  1. Notarono già i Deputati alla correzione del Decamerone sin dal 1572 che «per tutto si vede pieno di parole e motti danteschi» (Annotaz. XXXI, e cfr. anchela XC).
  2. Oltre il codice di Toledo e K2 abbiamo già ricordato il Ricc. 1035 contenente la Commedia o le canzoni, e il Chigiano L, vi, 213 contenente la sola Commedia.
  3. È tanto in To quanto nel Ricc. 1035 e nel Chig. L, vi, 213 senza nome d’autore, come anche per la Vita di Dante avviene in questi codici che attribuiamo al Boccaccio; ma l’epitome va col suo nome in altri codici.
  4. Anche queste rubriche sono attribuite, come il Vandelli m’avverte, al Boccaccio dal codice già Barber. 2191 ed ora Vat. Barber. lat. 4071, dove sono scritte in alcune pagine di seguito in rosso, con la dichiarazione finale, che ne ricorda altre autentiche del Boccaccio, Johannes Bocchaccj De Certaldo Fiorentinus opus fecit. Amen. Il codice, descrìtto dal De Batines sotto il n.° 362 è della fine del XIV sec. xiv, e probabilmente non della fine estrema.