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criteri fondamentali | xv |
Il trasporto delle divisioni dal testo nei margini (giova notar la cosa fin d’ora) non riuscì perfettamente, nè senza alterazioni nella lezione. Nel § XXXIII la divisione è rimasta a suo posto; e così il § XII 17 (Potrebbe già l’uomo, ecc.); mentre il resto della divisione è stata rimossa; e così pure tutto il § XXV che, come soluzione di dubbi sorti per certa personificazione d'Amore fatta nella poesia precedente, ha natura di chiosa e non di narrazione. Dichiarazione e giustificazione del contenuto di un sonetto sono i capi 5 e 6 del § XXXVIII, ma anch’essi son rimasti nel testo, mentre il capo 7, che contiene più propriamente la divisione, è passato nei margini. Quanto alla lezione, basteranno alcuni esempi a mostrare quali mutamenti abbia ricevuto. Nel § XXVI dopo il son. Tanto gentile, invece di quel passaggio così naturale che abbiamo veduto («questo sonetto è sì piano ad intendere per quello che narrato è dinanzi, che non abisogna d'alcuna divisione; e però lassando lui, dico che questa mia donna....»), si ha una chiosa marginale così concepita: «Questo sonetto non si divide, però che per se medesimo è assai chiaro». - Nel § XXXIV invece della lezione «dissi allora questo sonetto, lo quale comincia: Era venuta; lo quale à due cominciamenti, e però lo dividerò....», si ha, nel testo: «dissi allora q. s. il quale comincia
per ciò che le divisioni de’ sonetti manifestamente sono dichiarazioni di quegli: per che più tosto chiosa appaiono dovere essere che testo; e però chiosa l’ho posto, non testo, non stando l’uno con l'altre bene mescolato. Se qui forse dicesse alcuno - e le teme de' sonetti e canzoni scritte da lui similmente si potrebbero dire chiosa, con ciò sia cosa che esso sieno non minore dichiarazione di quegli che le divisioni -, dico che, quantunque sieno dichiarazioni, non sono dichiarazioni per dichiarare, ma dimostrazioni delle cagioni che a fare lo 'ndussero i sonetti e le canzoni. E appare ancora queste dimostrazioni essere dello intento principale; per che meritamente testo sono, e non chiose. La seconda ragione è che, secondo che io ho già più volte udito ragionare a persone degne di fede, avendo Dante nella sua giovanezza composto questo libello, e poi essendo col tempo nella scienza e nelle operazioni cresciuto, si vergognava avere fatto questo, parendogli opera troppo puerile; e tra l'altre cose di che si dolea d’averlo fatto, si ramaricava d’avere inchiuse le divisioni nel testo, forse per quella medesima ragione che muove me; là ond’io non potendolo negli altri emendare, in questo che scritto ho, n'ho voluto sodisfare l’appetito de l'autore». Una conferma dell’appartenenza al Boccaccio di questa nota si ha nella Vita che egli scrisse del sommo poota, perchè ivi pure (§ 13°, ed, Macrì-Leone, p. 63) s’afferma che Dante negli anni più maturi si vergognava molto di avere scritto la Vita Nuova, e delle narrazioni premesse alle singole poesie s'indica il fine quasi colle medesime parole («di sopra da ciascuna partitamente e ordinatamente scrivendo le cagioni che a quella fare l'avevano mosso»).