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edizioni | cix |
dell’edizione D’Ancona, e procede in generale troppo sicuro nel pesare il valore delle testimonionie dei codici e nel sentenziare sulla genuinità delle lezioni. Ha bensì aggiunto per le rime la collazione dei codici Barberiniano XLV 130 (ora Vaticano Barb. lat. 4036) e Casanatense d. V. 5, e per talune di esse anche quella dei codici Vaticano Urbinate 687 e Barberiniano XLV 47 (ora Vaticano Barb. lat. 3953); ma la lezione della parte poetica era già sodisfacente, e quindi poco potè essere il vantaggio di questi nuovi spogli, tanto più che mancava ancora lo studio comparativo dei vari testi, necessario a determinare quale fra le varie lezioni ugualmente adattabili al contesto possa più dirittamente esser proclamata genuina.
Le edizioni del D’Ancona e del Witte ebbero qualche utile riflesso su quest’ultima del Giuliani; e lezioni come fugge (XXI 2), laudato (XXI 3), la stella (XXIII 24), leggiero parea (XXXVIII 6) furono restituite al testo, insieme con va in XL 1, della quale lezione verso lo stesso tempo si faceva, o s’era fatto, paladino il Fornaciari nei suoi Studi su Dante, venuti in luce sui primi del 1883. Entrarono nel testo anche altre lezioni, verso le quali il Giuliani aveva già mostrato la sua preferenza nelle note alla seconda edizione. Ma il vezzo di dichiarar migliore una data variante nelle note e di non accoglierla nel testo non è smesso neppur qui (cfr. p. 12, n. 33; p. 82, n. 63; p. 102, n. 56). Vero è che qualche volta ciò può dirsi una fortuna per il testo; nel quale purtroppo è stato introdotto cotesto Amore invece di questo Amore (IV 3),subitanamente invece di simulatamente (XIV 4), quelle parti invece di quella parte (XXIV 2), Tredecimo invece di terzodecimo (XXIX 1), ecc. Chi desiderasse veder le ragioni con cui il Giuliani propugna siffatte lezioni, o difende quelle proposte nelle precedenti edizioni dall’obbiezione che manca il sostegno dei codici, può vedere a p. 38, n. 104; a p. 42, n. 34; a p. 46, n. 25; e a p. 81, n. 47. In VIII 10-11 adotta un’interpunzione, che contrasta alla divisione che il poeta fa del suo sonetto (VIII 12). L’omissione invece delle parole «e scrivere a costoro li quali erano venuti a me» in XXXIV 3 sarà da attribuirsi allo stampatore, perchè il Giuliani nel commento si vale anche di esse (p. 135, n. 14). La divisione in paragrafi è quella del Torri, adottata anche nelle altre due edizioni.