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c | introduzione |
del Purg. «Ahi serva Italia, di dolore ostello» a provar autentica in VII 3 la lezione son d’ogni dolore ostello e chiave (p. 129); basta il sonetto Videro gli occhi miei col suo verso «di dimostrar cogli occhi mia viltate», perchè anche nella prosa precedente (XXXV 3) si debba leggere, non temendo di non mostrare la mia vile vita, ma temendo di mostrare la mia viltà (p. 204); basta il riscontro della prosa «le stelle si mostravano d’un colore che faceano giudicare che piangessero» (XXIII 5) per esser sicuri che anche nella canzone (XXIII 24), dove si ripete la stessa scena, è da leggere «Turbar lo sole ed apparir le stelle, E pianger egli ed elle» (p. 173). E tacciano i codici, se discordano dalla voce di Dante; e taccia in XXIII 24 anche la rima colla sua esigenza di terminazioni che s’accordino con novella e bella meglio di stelle ed elle!
In questa edizione, dovuta alle cure di Ludovico Pizzo, e pubblicata per commemorare il sesto centenario della nascita di Dante, fu seguito il testo di Frat.3, salvo che in trentaquattro passi, pei quali fu preferita la lezione del codice Marc. IX ital. 191, trascritte da Antonio Mezzabarba; e di questo codice furono anche pubblicate in appendice ordinatamente le varianti, con brevi note a talune di esse per sostenerne o combatterne l’attendibilità, o per aggiungere la testimonianza del codice Marc. X ital. 26. Male però faremmo a fidarci dell’esattezza di tale spoglio. Noi sappiamo che testo sia il Marc. ital. IX, 191: ha parole espunte e varianti in margine, che attestano la collazione di un codice diverso, probabilmente di sole rime; per Ballata i’ voi, Donne che avete, Donna pietosa, Li occhi dolenti siamo rimandati in principio del volume a una serie di rime trascritte da altra fonte, in margine delle quali troviamo assai varianti, fra cui sarà da cercare la lezione del Ms. della Vita Nuova che il Mezzabarba ebbe davanti. Il Pizzo non fa alcuna distinzione tra l’una e l’altra parte del codice, e spesso neppure tra la lezione del testo e quella dei margini, ma dà ora l’una ora l’altra, senza apporre nessun’avvertenza; giunge anzi talvolta, combinando l’una coll’altra, a formare una lezione a capriccio. Così non avverte quel che è espunto, o quel che è aggiunto fra le linee: non registra tutte le differenze fra il testo del Frat. e il codice; non sempre legge bene, e per III 7 offre una lezione che nel Ms. effettivamente non c’è (non sosteneva in luogo di non potè sostenere). Anche la maggior parte delle mutazioni fatte al testo del Frat. sono poco felici (V 2 drieto, appresso; VI 1 dir lo, ricordare il; VII 3 dolore, tormento; VIII 10 Chè le sue proprietà son conosciute, Che per le proprietà sue conosciute; XII 11 E aver