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Presso i latini fu venerato siccome padre e maestro ancora della poesia. Di lui così disse Ovidio:
Aspice Maeonidem a quo ceu fonte parenni
Vatum Pieriis ora rigantur aquis.
ed il principe de’ censori Quintiliano « In quella guisa,
dic’egli, che Arato vuole che si incominci da Giove,
così è ragionevole che per noi si debba cominciare da
Omero; poichè siccome dall’Oceano, al dire del medesimo poeta, tutti i fiumi e le fonti derivano, così da lui l’eloquenza tutta nacque. Non v’è alcuno che nelle
cose grandi lo superi di sublimità, o di proprietà nelle
tenui, rigoglioso a tempo, stretto, grave e piacevole al
pari, mirabile per copia e per brevità, ed eminentissimo non solo nella poesia, ma ancora nell’oratoria, ed
eccede nelle figure e sentenze tutte le misure dell’ingegno umano». E con pari passo proseguirono Vellejo Paterculo, Valerio Massimo, Columella, Plinio, Ausonio, Macrobio. Ma Orazio e Properzio non la intendevano così, e Cicerone non seppe in Omero lodare le debolezze degli uomini appropriate agli Dei, e Seneca si rise di coloro che spacciavanlo per filosofo. Tertulliano, Agostino, Cipriano, Minuzio Felice, Lattanzio lo dannarono insieme agli altri poeti suoi discepoli.
In Europa al nuovo risorgere delle lettere Francesco Petrarca ed il Boccaccio molto operarono, onde avere la prima traduzione del'Iliade e dell'Odissea, e tutti gli eruditi, tostochè cominciarono ad intendere i suoi poemi presero del pari a venerarlo, e fra i principali il Poliziano chiamollo Oceano di sopra umana sapienza. Urceo Codro volle provare che le opere di Omero contenevano, oltre il modello della poesia, un compendio universale di tutte le scienze e discipline. Chi stava tra due se dovesse