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dire che cadde infermo. Cominciò a sentirsi freddo, e dopo un poco lo prese la febbre: poi il male si fece sempre più grave, in tanto che parlava in farnetico. Questa infermità lo tenne in letto sei lunghi mesi, assistito dal Lapi, che fu un buon medico di que’ dì, e da due suoi amici con ogni ufficio di carità e di amore. E come cominciò alquanto a riaversi, s’accorse che le due fanti ch’avea preso per lui servire in quella sua infermità (credendo che morisse), gli aveano rubato ogni cosa, dai denari in fuori, ch’egli accortamente avea nascosti sotto un mucchio di cenere. Allora conobbe come sia pericolosa cosa vivere l’uomo da solo, e alla discrezione de’ servi; e se bene fosse stato insino a quel di avverso alle nozze, cominciò a porvi il pensiero. Si tramutò di quella casa, e prese stanza nel palazzo Trulli al Quirinale; ma anche questa abitazione non piacendogli, comperò poi una casa in via Felice (n. 138), come a suo luogo vedremo.

Intanto, tenendo sempre rivolto l’animo a tor donna, addivenne caso che una notte d’estate (era l’anno 1822) gozzovigliando in brigata con alcuni artisti suoi amici, tutto ad un tratto venne loro in capo, essendo un bellissimo lume di luna, di fare una gita a piedi insin a Genzano; delizioso paese, di lungi da Roma diciotto miglia. Detto fatto si partirono; e arrivati