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disperazione: pur tentando e studiando e non perdonando a fatica per lo spazio di ben tre mesi, ebbe finalmente trovato una sua maniera d’incidere che a bastanza lo soddisfece. E così senza maestro pubblicò nel 1817 cinquanta vedute delle fabbriche migliori di Roma dal secolo ottavo fino al diciottesimo, incise all’acquaforte; le quali furono tenute belle, benchè, al dire di lui, fossero cose di puro studio e da principiante nell’arte. Poi, fatto maggiore animo, spezialmente per le lodi che gliene diede il cav. Giuseppe Tambroni nel giornale arcadico, attese ad un nuovo e più grande lavoro, cioè all’opera delle Antichità romane, in cento e una veduta; la quale fu di più pregio che l’altra, tanto egli vi pose di fatica e di amore. E ne cavò di molto denaro; e, quel ch’è più, bellissima rinomanza. Avvegna ch’egli ebbe la buona ventura di potere, mediante le nuove scavazioni, disegnare i monumenti quali oggidì li veggiamo; il che non poterono fare nè ’l Labacco nel secolo xvi, nè il Desgodets nel xvii, nè lo stesso Piranesi benchè vivuto sino al 1778.
Ma ’l travaglio del corpo e della mente nel misurare e disegnare dal vero i monumenti, e nel condurre le incisioni, fu grande; però che narra egli stesso che faceva tre disegni e incideva tre rami al mese, non si pigliando riposo nè pur le notti. Non farà per ciò maraviglia il