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vesse al giovine dottore in leggi venire a schifo, anzi venire con isdegno abbandonata dal nostro fervido poeta, e maturo storico, quando il conte Derossi di Tonengo procuratore generale di S. M. il Re Carlo Emmanuele il grande, magistrato sommo, qual verace apprezzatore dei bei talenti, senza pesare il titolo dei natali, e nobiltà della schiatta, e senza pure che vi sia concorsa la tanto usata protezione (probabilmente animato dai lavori letterari già pubblicati) chiamò a se il nostro Vercellese, e coll’aggradimento Sovrano nel 1769 gli offrì uno dei quattro posti di volontario nel suo ufficio.

A tale inaspettata, ed onorifica chiamata obbedì docilmente il Durandi, e seguitò la sorte, che quell’insigne magistrato, di cui fu poi egli l’anima, ed il cuore, gli avea preparata.

Lasciata per un momento la dilettevole poesia drammatica si addossò il giovine giu-