Buti, di cui e del Comento ch’egli pure scrisse su Dante, e di qualche altra operetta da lui composta, veggasi il conte Mazzucchelli (Scritt. ital. t.2. par.4.p. 2468), e gli altri scrittori da lui citati. In Venezia ancora leggevasi in questo secolo Dante da Gabriello Squaro Veronese, come prova il p. degli Agostini (Scritt. Venez. t. I. pref. pag. 27). Finalmente nel Catalogo, da noi mentovato più volte, de’professori dell’università di Piacenza, all’anno 1399 veggiam assegnato lo stipendio mensuale di L.5.6.8. M. Philippo de Regio legenti Dantem et Auctores (Script. rer. ital. vol.20 p.940). Altri al tempo medesimo presero a tradurre Dante in versi latini; e il primo fu Matteo Ronto Monaco Olivetano, del quale ragioneremo fra’ poeti latini del secolo seguente a cui appartiene. Egli è vero però, che tutte queste fatiche, con cui a que’ tempi cercossi di rischiarar Dante, non produsser gran frutto. In vece di occuparsi in rilevarne le bellezze poetiche, in illustrarne i passi più oscuri, in dichiarare le storie che vi si trovano solo accennate, la maggior parte degl’interpreti gittavano il tempo nel ricercarne le allegorie e i misteri. Ogni parola di Dante credeasi che racchiudesse qualche profondo arcano, e perciò i comentatori poneano tutto il loro studio nel penetrar dentro