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28 VITA DI DANTE.

cata, ch’ella divenne tosto l’oggetto dell’ammirazione di tutta l’Italia. E ne son pruova non solo i moltissimi codici che ne abbiamo, scritti in quel secol medesimo, ma più ancora i comenti con cui molti presero ad illustrarla. E tra’ primi a farlo furono, come ben conveniva, Pietro e Jacopo figliuoli di Dante, delle cui fatiche sopra il poema del padre, che ancor si giacciono inedite, parlano il sig. Pelli (§.4) e l’ab. Mehus (Vita Ambr. camald. p. 180), il qual secondo scrittore accenna ancora (Ib. e p. 137) i Comenti di Accorso de’ Bonfantini Francescano, di Micchino da Mezzano canonico di Ravenna, di un anonimo che scrivea nel 1334, e di più altri spositori di Dante in questo secol medesimo. Giovanni Visconti arcivescovo e signor di Milano circa l’anno 1350 radunò sei de’ più dotti uomini che fossero in Italia, due teologi, due filosofi e due di patria Fiorentini, e commise loro che un ampio comento scrivessero sulla Commedia di Dante, di cui al presente conservasi copia nella Biblioteca Laurenziana in Firenze (Mehus loc. cit.). Chi fossero questi comentatori, non è ben certo; ma il Mehus paragonando il comento che Jacopo dalla Lana in questo medesimo secolo scrisse su Dante, e che vedesi anche alle stampe, e le Chiose sullo