modo cui certo ei non avrebbe tenuto; che molto vi ha di languido, e che di alcuni Canti appena si può sostener la lettura; che i versi hanno spesso un’insofferibil durezza, e che le rime non rare volte sono così sforzate e strane che di destano alle risa; che in somma Dante ha non pochi e non leggeri difetti che da niun uomo, il qual non sia privo di buon senso, potranno giammai scusarsi. Ma, in mezzo a tutti questi difetti, non possiamo a meno di non riconoscere in Dante tai pregi che sarebbe a bramare di vederli ne’nostri poeti più spesso che non si veggono. Una vivacissima fantasia, un ingegno acuto, uno stile a quando a quando sublime, patetico, energico che ti solleva e rapisce, imagini pittoresche, fortissime invettive, tratti teneri e passionati, ed altri somiglianti ornamenti onde è fregiato questo, o poema, o, comunque vogliam chiamarlo, lavoro poetico, sono un ben abbondante compenso de’ difetti e della macchie che in esso s’incontrano. E assai più chiaramente vedremo qual lode debbasi a Dante, se poniam mentre a’tempi in cui egli visse. Qual era stata fin allora la poesia italiana? Poco altro più che un semplice accozzamento di parole rimate con sentimenti per lo più languidi e freddi, e tutti comunemente