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d’Italia erano giunti ad uno di questi periodi peggiorati; aveano sfogata lor gioventù in quelle lotte; erano caduti nelle esagerazioni e nei danni di quella rivoluzione, di che Firenze (valendosi della sperienza altrui) non prendea se non i vantaggi. Le altre erano già arrivate ad una precoce vecchiezza, quando ella giovane e forte serbava ancora tutta la sua attività primitiva. Nell’altre s’era compiuta la rivoluzione comunale quando non era in pronto la civiltà a trame profitto; in Firenze compievasi quando era opportuno. Anche ai tempi nostri, così fecondi di tali sperienze, vedemmo quanto vigore ed attività d’ogni sorta abbiano le genti all’uscire delle rivoluzioni, quando son brevi; quanta stanchezza, quando prolungate. Le città dell’altre provincie d’Italia, e Pisa fra le toscane, trovaronsi in quest’ ultimo caso verso la metà del secolo XIII, quando la lingua e le arti erano apparecchiate a sorgere; e non ebbero più forza restante a coltivarle. All’incontro, le città toscane, Siena, Pistoja, Arezzo, Lucca e Firenze, si trovarono nel primo caso, capaci ancora di attività. Ma Firenze ne trasse il frutto principale, o perché