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alla corte più splendida d’Italia, guerrieri, scrittori, chierici, poeti, artefici, cortigiani e giullari. Narra il Gazzata, partecipe di quelle magnificenze, come avevano tutti questi al palazzo del signore quartieri forniti e distinti, con addobbi ed imprese adattate ad ognuno; trionfi per li guerrieri, i sacri boschi delle muse per li poeti, Mercurio per gli artefici, il Paradiso per li predicatori, la fortuna per gli esuli. A tutti era imbandito; ed erano or gli uni or gli altri invitati al desco del signore; più sovente che gli altri, Guido da Castello detto il Semplice Lombardo, e Dante1.
Ma questa è, forse, fra le varie fortune di Dante, una di quelle in che è più da compatirgli. Chè ben può ogni infelice, se conscio d’innocenza, e
- ↑ Queste notizie lasciate già da Sagacio Muzzio Gazzata, e raccolte poi dal Pancirola, furono pubblicate dal Muratori nel Rer.It., XXIII, p.2, nella prefazione alla Cronica di Sagacio Gazzata, la quale poi non contiene nel testo siffatte notizie. Onde si vuol dire, o che questo sia solo una parte delle cronache dI Sagacio; od anzi (se mi sia lecita una congettura non venuta in mente a un editore come il Muratori), che il Sagacio citato dal Pancirola fosse un altro, e probabilmente il padre di quello di cui è il testo Muratoriano. E tanto più, che questi pur trovasi chiamato Sagacino, solito modo diminutivo di chiamare a que’ tempi i figliuoli omonimi al padre.