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male in noi soli, materia e spirito; volontà, ma senza più libertà, sopra di noi negli spiriti puri1. Di questi spiriti mal adorati sotto nome d’iddii dagli antichi, ma da noi o con timore o con amore creduti sotto quello di angeli, vedeva i cattivi e mal volenti regger l’inferno, i buoni e ben volenti governare, quali i diversi cieli, quali le azioni degli uomini, quali una virtù speciale, una serie di eventi, e quali le dolci e speranti pene del purgatorio2. Già un angelo era apparito a Dante, ma ratto, silenzioso e terribile, ad aprirgli le porte di Dite in inferno. Ed in questo pure è mirabile per poetica fantasia, e solenne a chiarirci le idee di Dante di tutto ciò, quella descrizione della Fortuna, già dea, ora angelo per lui.
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Colui lo cui saver tutto trascende,
Fece li cieli, e diè lor chi conduce;
Sì ch'ogni parte ad ogni parte splende.
Distribuendo ugualmente la luce:
Similmente agli splendor mondani
Ordinò general ministra e duce,