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Furono osservate già e lodate dal Ginguené, ma non forse abbastanza. Ognuno sa, esser questa degli angeli una delle più gentili e poetiche credenze della fede nostra; una di quelle che più dimostrano, come bellezza segua verità. Ma niun poeta cristiano finora (nemmeno Byron nè Moore, e molto meno un modernissimo e sventuratissimo in ciò) non trasse da tale credenza tanta poesia, come Dante. Chi volesse qui pienamente intenderlo e gustarlo avrebbe a cercare nelle altre Opere di lui, specialmente nella Vita Nova e nel Convito, il complesso de’ pensieri di lui rispetto a quelle celestiali creature. Eccettuate le poesie delle sante scritture, Dante fu il poeta di tutti lontano dalla materialità, più assorto nelle contemplazioni spirituali. Vedeva chiaro dinanzi a sè il mondo riunito della materia e degli spiriti. La materia insensibile, la vegetativa, la animata, via via innalzantesi di grado e di nobiltà fino a noi. Noi uomini, materia e spirito, quasi mediani tra’ due mondi o grado dall’uno all’altro, e sopra di noi gli spiriti senza materia. Non volontà, e così non libertà nella materia sotto di noi; volontà e libertà di far bene o