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Federigo Arragonese, a cui intendeva dedicare la terza Cantica; ma per il molto o troppo prudente rifiuto fatto dall’Arragonese della signoria di Pisa, e così dell’ufficio di capo ghibellino in Toscana, dovette Dante venire o tornare ai dispregi di lui, e vendicarsi a modo suo, togliendogli l’onor della dedica, e forse aggiungendo i vituperii che si trovano nel Convito. All’incontro, compianse Dante l’immatura fine del buon Arrigo di Lucimburgo; ed in tal pianto, all’udire la funesta novella, fu dipinto opportunamente due secoli dopo da Luca di Leida1. E serbònne religiosa memoria in quanto scrisse poi. Nel XVII del Paradiso, parlando per incidenza di questi anni prima del 1312 e 1313, ce gli accenna dicendo:

Ma pria che il Guasco l'alto Arrigo inganni;

vituperando così le doppiezze di Clemente V. Nel Paradiso poi, e nel più alto di esso od empireo, non potendo il Poeta, che finge salirvi nel 1300, collocarvi l’anima diletta vivuta in terra tanti anni ancora, le fa preparare un

  1. Veltro, p.136.