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concittadini, ai vicini, uomini pubblici e privati, in tal quantità che vedemmo, e nel modo più acerbo, più vendicativo, e men cristiano che sia, mettendoli d’autorità usurpata ed atroce fra gli eternamente dannati. Tale idea, tale scempio, non poteva essere se non d’un secolo barbaro ancora, e seguente la diva religion nostra nelle sue severità, ed anzi esagerandole, più che non nella sua misericordia e mansuetudine. Condannabile, certo, e vituperato sarebbe a nostra età, chi imitasse pur da lungi Dante in ciò. Nella sua, in tale età dove la crudeltà era quella che si chiamava giustizia, ei credè forse fare non più che giustizia.
Ma fecela certo, gridando contra le città disordinate, parteggianti ed immortali del tempo suo. Quattro invettive sono nell’inferno contra Firenze1, ed una per ciascuna contra Pistoja2, Lucca3, Siena4, Pisa5 e Genova6, quasi