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in città, quasi per tutta Toscana, Lombardia e Piemonte, onde poi si univa al suo stato di Provenza. Ma quindi ancora in tutte queste parti della Penisola, e più nel Regno, e massime in Sicilia, gli eccessi, le tirranie, le crudeltà de’ Guelfi, e le ruberie, gli stravizzi, le libidini de’ Francesi. Quindi l’onte e l’avvilimento dei vinti rivolti a disperazione; quindi il sospirar de’ Siciliani alla Regina e al Re Aragonese, e l’affaticarsi a muoverli Giovanni da Procida il grande esule Siciliano; e trovàtili tardi, il congiurare di lui co’ Baroni Siciliani, e con quanti grandi o principi italiani e d’oltremonte, e fin d’oltremare, sperava favorevoli alla grande impresa; e quindi poi, mentre si ordiva e tardava questa, il sorgere repentino e più efficace del popolo di Palermo al tocco di Vespro del dì 30 o 31 marzo, lunedì o martedì di Pasqua del 1282. Seguìnne d’ora in ora, di giorno in giorno, secondo che veniva arrivando in ogni luogo la gran novella, il sollevamento di tutta Sicilia; perduta così dagli Angioini, e da parte Guelfa, acquistata agli Aragonesi ed ai Ghibellini. Che se non era di quegli eccessi francesi,