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a lungo e per minuto, che già si desta il dubbio, sia qui qualche importante allusione storica ai fatti personali, alle difficoltà incontrate da Dante; ma dee sparire ogni dubbio all’udir lui stesso avvertirne della dottrina ascosa negli versi strani1. E chi poi, credendo, come si deve, al Boccaccio, e così alla ripresa del Poema al Canto precedente nell’anno 1306 0 1307, pur rammenti le nuove difficoltà sofferte in quegli anni, e le interruzioni che ne dovettero venire al Poema, non dubiterà guari che a quelle appunto qui s’alluda. Ad ogni modo, in questo VI° cerchio sono i superbi, cioè gli eresiarchi e miscredenti2, puniti in tombe infiammate3; e fra essi (oltre

  1. Canto IX, 60
  2. Che gli eresiarchi e miscredenti sieno qui puniti come superbi, me lo fa credere, prima la terzina 91-94 del C.IX; poi, principalmente la ragione poetica, o se si voglia dire simmetrica, per cui i sette peccati mortali purgati in purgatorio debbono essere puniti in inferno. Il che ammesso, già vediamo puniti ne’ cerchi II° e IV° Lussuria, Gola ed Avarizia; e nel V° i due altri Ira ed Accidia. Restano quindi Superbia, che credo punita qui nel VI°; ed Invidia (presa nel senso latino di odio) che genera ingiuria, punita poi nei due inferiori VII° ed VIII°; restando il IX° a Lucifero e ai tre traditori massimi. Del che vedi Canto IX, 22 e seg.
  3. Queste tombe sono paragonate (Canto IX, 112, 114) a quelle di Arlì in Provenza, e di Pola in Istria. Dovremo noi quindi dir qui come altrove, che quando Dante scrisse ciò, egli avesse vedute di proprio occhio quelle due città; e que’ lor sepolcreti! Ne dubitai a lungo; ma cercati meglio i commenti della Minerva, e trovatovi che nella Vita di Carlomagno attribuita a Turpino si fa menzione di quel cimitero d’Arli, mi par chiaro il fonte di questa citazione, fatta, del resto, di corsa da Dante. E quanto a quella di Pola, fatta al medesimo modo, ella potè pur esser tratta da qualche libro allor noto, ma forse anco dal luogo stesso meno inverisimilmente visitato da Dante.