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de’ vizii, ma de’ vizii fiorentini. Segue a dire, che non può spiegare come v’entrasse, tanto era pien di sonno quando v’entrò, abbandonando la vera via, cioè la fedeltà a Beatrice, la vita virtuosa tenuta per amor di lei finchè ella visse; ed aggiugne, che la rimembranza di quel tempo tanto gli amara, che poco è più morte. Dalla selva in fondo a una valle, ei giugne appiè d’un colle, e lo vede rischiarato in cima dal sole levante; cioè dalla scienza o filosofia umana e divina, a che egli aveva aspirato fin dalla morte di Beatrice. Ma tale studio, tal desiderio essendo stato già abbandonato da lui nell’anno 1293 fino al 1300 per la vita lussuriosa e giovanile, per gli uffizii, per le parti, per tutti i vizii fiorentini, ei dice ora qui, che da essi sotto figura di tre fiere, una Lonza, un Leone ed una Lupa, gli fu impedita la salita al chiaro monte. Quindi, non par dubbia l’antichissima interpretazione, che queste significhino, al senso morale, la lussuria, la superbia od ambizione, e l’avarizia. Ma la lussuria è lussuria fiorentina, che fece pericolare Dante in quegli anni; la superbia è superbia principalmente de’ Reali di Francia, e particolarmente di Carlo