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spontaneità, libertà di genio, stile proprio, amore, nerbo e semplicità; ma quindi i loro difetti pur giovanili, mancando principalmente di quel gusto, di quella pulitura e proporzione, che nelle letterature e negli uomini sono frutto delle seconde età, come in ogni opera de’ secondi lavori. Ci urtano meno tali difetti in Omero, o per il gran rispetto accumulatogli dalla antichità, o per quello acquistatogli dall’ordine de’ nostri studii; ma urtarono Orazio, il più gran buongustajo dell’età più colta fra le antiche. Omero è il gran poeta dell’origine; Dante e Shakespeare insieme, sommi della cristiana. Dalle differenze, poi, delle età vennero senza dubbio le differenze de lor vizii e virtù. La sublimità soprannaturale non potea essere dell’età così sviata dal cielo, da far astiosa e libidinosa la divinità. Gli iddii d’Omero sono uomini, e non più; il cielo di lui è ancor terra. E tra i due poeti cristiani, doveva il vantaggio della sublimità rimanere al figliuolo del risorgimento primiero, italiano, cattolico; anzichè, a quello d’un risorgimento già derivato